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Pagina:Bonaccorsi - Vangeli apocrifi.pdf/259

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sieme capo a capo, e pareggiamole tra loro1 e tiriamole a noi; ché potremo renderle uguali». Giuseppe allora ubbidì al suo comando; ben sapeva infatti ch’egli potrebbe fare qualunque cosa volesse. E Giuseppe prese i capi delle assi e gli appoggiò a un muro, presso di sé; e Gesù tenne i capi opposti di quelle assi e tirò a sé l’asse più corta, eguagliandola all’asse più lunga. Poi disse a Giuseppe: «Va’ a lavorare e fa’ ciò che avevi promesso di fare». E Giuseppe fece ciò che aveva promesso.

XXXVIII.2

1. Accadde per la seconda volta che Giuseppe e Maria furon pregati dal popolo di mandare a scuola Gesù, per essere istruito nelle lettere. Non si rifiutaron di farlo, e secondo l’ordine degli anziani lo menaron da un maestro, perché fosse istruito da lui nella scienza umana. E il maestro cominciò allora imperiosamente a insegnargli, dicendo:

«Di’ Alpha»3. Ma Gesù gli disse: «Dimmi prima tu che cos’è Betha, e io ti dirò cos’è Alpha». E irritato da ciò il maestro percosse Gesù; ma subito dopo averlo percosso morì.

2. E Gesù se ne tornò a casa dalla mamma. Impaurito Giuseppe chiamò a sé Maria le disse: «Sappi che l’animo mio è davvero mortalmente triste (Mt., 26, 38; Mc., 14, 34) a cagione di questo ragazzo! Perché può accadere una volta, che qualcuno maliziosamente percuota questo ragazzo e ch’esso muoia». Ma rispondendogli Maria gli disse: «Uomo di Dio, non credere che ciò possa accadere. Credi anzi di sicuro che chi lo mandò a nascere tra gli uomini, lo custodirà contro tutte le malignità e nel nome suo lo preserverà dal male».

XXXIX4.

1. Di nuovo i Giudei pregarono, per la terza volta Maria e Giuseppe che con le loro carezze lo menassero ad imparar da un altro maestro. E Giuseppe e Maria, temendo il popolo e l’insolenza de’ principi e le minacce de’ sacerdoti, lo condussero di nuovo a scuola, pur sapendo che

  1. Da uno de’ capi? Il periodo è assai oscuro, o piuttosto non ha senso. Con più chiarezza in qualche codice: «Noli contristari, sed posse brevius lignum et tu apprehende per unum cuput illud et ego per aliud, et coequemus ea; poterimus enim ea aequalia jacere».
  2. Cfr. Ev. Thom., XIV.
  3. Questa volta si tratta dell’alfabeto greco, non più dell’ebraico come sopra XXXI.
  4. Cfr. Ev. Thom., XV.