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di sode fondamenta, forti procacciandosele coll'approfondire nella lingua latina, non meno che nella greca, onde cercarvi quei lumi che i dotti traggono da quest'idiomi.

Allora imitando le greche Donzelle, Assiotea e Lastemia, che per penetrare nell'ombrosa accademia ad intendere le lezioni di Platone, di cui si erano fatte discepole, vestirono virili spoglie, Ella del pari, eletti a suoi maestri i più accreditati filosofi di quel tempo, a loro insegnamenti, attese con ansia; e forse si fu per seguirli con più facilità anco nelle pubbliche scuole che vestì da uomo sino al termine dell'adolescenza sua. Tant'assiduità portò questa Donzella ad un grado di dottrina che formava l'ammirazione di quanti la conoscevano, la compiacenza de' severi suoi maestri di Filosofia, che chiamavanla portentosa, e in Lei accresceva il desiderio d'applicarsi allo studio delle leggi: nè guari si ristette dal darsi all'apprendimento del diritto sotto gli ammaestramenti di due celeberrimi Giureconsulti che decoravano allora le scuole di Bologna. L'uno era questi Giacomo Baldavino, quale dopo aver coperta con onore la carica di Pretore in Genova, con pari successo lesse nel Ginnasio della dotta Città, lasciando a viva memoria di lui molte sue opere. L'altro Tancredi Arcidiacono, al cui merito il Pontefice Onorio III, elevato dal molto suo ingegno alla Cattedra di Pietro, volle affidato nel 1220 con onorevolissima lettera il riordinamento dell'Ateneo Bolognese che allora contava sino a dieci mila scolari, e che a questo Gerarca tanto stavagli a cuore: concedendo di più al probo Tancredi ampie facoltà per raffrenare gli abusi, che a detrimento degli uomini di merito, e dei giovani studiosi vi si erano introdotti. Nè in minor stima si ebbe il dotto Arcidiacono dal S. Padre Gregorio IX. quale, tuttochè agitato fosse il suo regno da