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54 | DONNA VITTORIA |
seconda travestita da carbonaja portava rinchiuso in una
scattola, delle grandiose parrucche d’allora, l’infante reale. Erano desse di poco precedute dalla governante di Sua
Maestà, dalla nutrice del principe, e da un certo Francesco Riva bolognese, provveditore di guardarobbe della re
gina, il quale vedendo che un uomo ebbro dal vino, stava
con lanterna in mano spiando chi passava, l’accorto bolognese finse di urtarlo, onde cadendo le si spegnesse il lume;
ciò ottenuto lo sollevd, con amorevoli parole fecelo tacere,
e con qualche moneta gli riesci si ritirasse. Quando poi tutti
furono in carrozza, ebbero l’incontro di certi carattieri che
volevano impedir loro il passaggio, gridando ad alta voce, esser quelli Papisti fuggitivi, e conveniva ucciderli; ma il conte
di Lauzon facendo prudentemente divergere le vetture dalla
strada maestra, potè scampare da coloro, e per vie meno
battute si ridussero salyi al mare, ove li attendeva il resto
della comitiva. Ivi tutti uniti s’imbarcarono sopra di un
Fact destinato all’uopo: meno un cavaliere che volò a portarne l’avviso al re.
Mentre veleggiavano verso Cales, Donna Vittoria sta vasi teneramente a consolare, confortare, rassicurare la re gina. Ella addimostravale, che se veniva di perdere cose caduche, avendo tutto abbandonato per la causa di Dio, acquistava presso di lui un merito incalcolabile e non perituro; e d’altronde non essendo la posizione che rende grande l’uomo, ma la virtù, può egli con magnanimi tratti sfolgorare di gloria sia scettrato o servo, purchè servo non sia del vizio, e conservi quella rettitudine donde trarne la nobile alterezza di poter fissare lo sguardo nel nemico suo, qual tuttochè orgoglioso, e di fallaci onori ricoperto, si smarrisce al vedere la propria vittima resa nella sventura più salda e franca, e che può dirgli, arrossisci! Ed è falso