Pagina:Bonarelli, Guidubaldo – Filli di Sciro, 1941 – BEIC 1774985.djvu/291

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          Amore
          Voi ch’a Venere in ciel donate il vanto,
          e sopra la beltà d’ogni altro nume
          l’inalzate cotanto,
          ditemi, e di che nacque,
          se non di frali spume,
          che nel franger de l’onde imbiancan l’acque?
          Ma poi tanta bellezza
          cosi lassù tra i dei celesti piacque,
          tanta grazia e vaghezza,
          ch’ebbe loco fra loro,
          ancor ch’invida Giuno
          turbasse ostando il bel celeste coro.
          Perché dunque non lice
          tanto conceder a l’umana prole,
          se spesso anch’ella suole
          esser de’ dei del ciel madre felice?
          Non turbi mie ragion candido velo
          perché gli occhi mi copra,
          che de’ superni dei
          misteriosa è l’opra,
          acciٍ co’ vivi rai de’ lumi miei
          non arda il mondo e non s’accenda il cielo.
          Quasi temprato ardore
          d’un picciol raggio ch’indi sol traluce
          è quant’arde d’Amore;
          ma de G intensa luce
          provan anco il vigor le brine e ? gelo.
          Cosi ristretta è la mortale arsura
          de la mia fiamma ardente,
          perché s’unisca a l’opre di natura,
          né sian le forme dal mio incendio spente.
          Cieco mi fanno i sciocchi,
          che veggo più, s’ho bendati gli occhi.