Pagina:Bonarelli, Guidubaldo – Filli di Sciro, 1941 – BEIC 1774985.djvu/51

Da Wikisource.

          ma lascio ad ambidue,
          povera preda ed infelice, il core.
          Serp.Or cotesto è un furor; in tale stato
          non puٍ durar lunga stagione un core.
          Soffri, Clelia, e fia breve
          il tuo soffrir; brev’ora
          saprà mostrarti a cui donar la palma:
          ad Aminta od a Niso
          tutta al fin ti darai,
          e ne fia saggio consigliere il tempo.
          Celia.Ed io, perché non giunga
          l’ora giammai di si ’nfelice tempo,
          non vo’ dar tempo al tempo;
          vo’ prevenir con la mia morte il tempo.
          Serp.M’hai vinta; i’ mi ti rendo.
          E che vuoi più ch’io dica?
          S’esser non puoi fedele,
          ha per te fatta il cielo
          l’infedeltà innocente.
          Altra fuga i’ non trovo:
          amarne un sol non vuoi, amagli entrambo.
          E fa buon cor: vedrai
          de l’altre in questi campi
          che san portar più d’un bambin nel seno.
          Ecco appunto Nerea, colei che mentre
          trovٍ chi le credesse,
          ebbe sempre d’amori
          piene le mani e ? grembo:
          e si vien seco Aminta.
          Celia.O tu mi segui,
          o ti rimani: i’ parto.
          (E pur convien ch’io vada,
          quasi notturno augel, fuggendo il sole.)
          Serp.Deh torna, o Celia, ascolta! —
          Né torna, né risponde.
          Meglio fia ch’io la segua.