Pagina:Bonarelli, Guidubaldo – Filli di Sciro, 1941 – BEIC 1774985.djvu/56

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          che, bench’io per me’l veggia
          nubiloso e tonante,
          ^ altro ciel non mi piace.
          Ner.Ma tu mi parli in guisa,
          e si bene accompagni
          co’ sospiri le voci,
          con le voci i sembianti,
          ch’omai ti crederei
          da vero innamorato.
          Amin.Con amor non si finge.
          Da vero un tempo i’ l’ho fuggito; or quando
          ei m’ha pur giunto, ed io da vero il seguo.
          Ner.Oh possanza infinita,
          contra di cui non vai fuga né schermo!
          Or sia lodato Amore, Amor che diede
          al marmo del tuo cor sensi di vita.
          Ma non vorrai tu dirmi
          chi sia colei, cui scelse
          per degna scorta a si grand’opra Amore?
          Amin.Troppo fin qui n’ho detto:
          ma il lagrimar del core
          fa sdrucciolar la lingua.
          È tempo omai ch’io taccia.
          Ner.A me tacere? Or a tua voglia taci,
          che se pur io son quella,
          quella che volger sa come a lei piace
          tutto d’Amor lo ’mpero,
          vorrai fors’anco un di che per tu’ aita
          io le tue fiamme ascolti,
          e quanto or tu se’ muto,
          io sarٍ sorda allora.
          Amin.Parliam d’altro, Nerea; parliam di Niso:
          a pro di lui t’adopra; io per me nulla
          bramo, spero né cheggio.
          Ner.Oh che rustico amante!
          Se ’n cor selvaggio amor alligna, sente
          del selvatico anch’ei. Guata che amore!