Pagina:Bonarelli, Guidubaldo – Filli di Sciro, 1941 – BEIC 1774985.djvu/62

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          O d’ambidue? Amor e ? ciel mei vieta.
          Dunque morir conviensi : altro rimedio
          non ha la morte mia che la mia morte.
          Ed io dovrٍ morire?
          nata appena, morire? Occhi dolenti,
          a voi poco fu dato
          di rimirar il sole. Ah che pur troppo
          io vissi e’1 rimirai! Stolta, che piango
          il fin de la mia vita?
          e che spero vivendo?
          Non altro, no, che pianto. E cosi dunque
          piango il fin del mio pianto? Or vegna, vegna
          la morte, e di sua mano
          gli occhi serrando, ella m’asciughi il pianto.
          Pur il mio pianto è nulla:
          altra maggior cagione
          è ch’a morir m’invita.
          Via più che ? mio tormento,
          l’altrui dolor mi duole.
          O Nerea, o Nerea,
          dunque de l’amor mio
          arde Niso? arde Aminta?
          muore per mia cagione Aminta e Niso?
          ed io, ch’ambo v’adoro,
          o sfortunati amanti,
          son io, son io ch’a forza
          incontro a voi per troppo amor crudele,
          son io ch’ambo v’ancido?
          Ah morrٍ, non temete,
          che del vostro dolor fia la mia morte
          o rimedio o vendetta. Oimè, la morte?
          Oh fera voce! Anima vile, addunque
          chi non teme duo amor, teme una morte?
          No, no, vana pietà, pietà spietata,
          tardo, vile timor, gelo mortale,
          per voi non fia più luogo in questo core.
          Cedete omai, cedete