Pagina:Bonarelli, Guidubaldo – Filli di Sciro, 1941 – BEIC 1774985.djvu/90

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          Amin.Omai cotesto core
          fra tanti ardor, fra tanti incendi sembra
          il focolar d’Amore. Oh miserello!
          Ove Celia balena, una favilla
          non basta dunque a folgorar un core,
          senza ch’Amor poi tenti
          trar da spenta beltà cieche fiammelle?
          non è morta colei (se ben rimembro)
          ch’or il tuo duol ravviva?
          Niso.Mori ch’era fanciulla: in oriente
          andٍ a l’occaso il mio bel sol nascente.
          Ella mori fanciulla:
          e se poscia talor altra beltade,
          e forse anco ver me (qual tu mi vedi)
          non ritrosa beltà m’offerse Amore,
          tosto, per non vederla, in altra parte
          gli occhi rivolsi o li coprii col pianto.
          Sol di Celia poteo
          la nemica beltade
          quel che d’altrui non fece
          l’amorosa beltà: né so già come
          schermo o fuga non v’ebbi.
          Cosi di nuova fiamma,
          senza punto allentarsi il primo ardore,
          il cor mi si raccese,
          onde Fillide i’ piango,
          Celia sospiro: quella
          ho già perduta, questa
          non avrٍ mai: e fieno (or ben mei veggio)
          vani i sospiri e ? pianto.
          Amin.Omai soverchio,
          mentre ti lagni, il tuo dolor s’inaspra.
          Parliam d’altro. Il capraio,
          col qual perciٍ rimasi
          nel bosco favellando,
          di Clori o di Nerea