Pagina:Bonvesin de la Riva - Meraviglie di Milano.djvu/109

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miglia verso le cascine di Scanasio e lì pose le tende (87). I milanesi, sempre mantenendosi in posizioni tra la città e il campo nemico, si accamparono a Fontecchio decisi a difendere virilmente la patria e, deviate con somma abilità le acque dei fontanili verso l'esercito nemico, ne allagarono il campo, e lo costrinsero a ritirarsi sulle posizioni di prima di contro alle quali si disposero i nostri. E badate che l'esercito ambrosiano era di gran lunga inferiore a quello dell'imperatore la cui sola cavalleria contava più uomini che presso di noi la cavalleria e la fanteria insieme. Eppure l'imperatore, dopo aver passato nel nostro contado trentaquattro giorni, sbigottito dalla audacia e dalla costanza dei milanesi, e specialmente della Compagnia dei forti, che erano fanti scelti fra i più robusti ed agguerriti, sprezzanti d'ogni pericolo, perfettamente armati, e avevan giurato di non risparmiare un sol nemico, se ne partì rattristato per la vanità del suo sforzo. I milanesi, esultanti, tornarono alle loro case. XIV. - Nei due seguenti anni distrussero molti villaggi del Comasco, e si spinsero, tutto incendiando e devastando, fino alle porte di Como. Ma, più mi preme ricordare che quell'imperatore, nemico della Chiesa e nostro, fu dal papa Innocenzo IV scomunicato e privato della dignità imperiale, e da allora in poi i fedeli cristiani non lo chiamarono più imperatore ma il deposto. XV.