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Pagina:Bonvesin de la Riva - Meraviglie di Milano.djvu/43

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Lassù il giusto gode dodici allegrezze perfettamente rispondenti alle dodici pene infernali: « la grande beltade de la terra de li viventi », « lo odore soave », « la grande richeza e lo honore », il « grande conforto d'essere uscito de la presone mundana », « remirare le faze de li angeli placenti », udire «li canti con dilectevole acordo », essere serviti « de soa man » da Cristo, « i cibi delectabili », « le veste prezioxe », « la grande beltade, la spetie del justo, la pura claritate », l'essere scampato dai grandi tormenti dell'inferno, « la confermanza » ossia la certezza di restar sempre in paradiso.

In un sermone finale Bonvesino ribatte le false scuse addotte da coloro che perseverano nel male. Il poema è così essenzialimente didattico e profondamente morale dacchè mira alla perfezione dell'uomo. Come nel concetto ispiratore, così è organico nella struttura esterna in quanto applica quel principio ternario che era il simbolo della perfezione e la divisione, come osservò il Bartholomaeis, non è solo in senso orizzontale, ma anche in senso verticale: prologo, poema, sermone finale, Ciascuno dei tre poemetti, nero, rosso e dorato, è in tre parti con introduzione propria e una propria chiusa, e di tre parti si compone pure ciascuna delle rubriche trattanti delle pene e dei gaudi, vale a dire di una descri-