Pagina:Botta - Supplemento alla Storia d'Italia.djvu/114

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sfacciata indecenza. Il Governo francese, le sue valorose armate, tutti gl’individui che gli appartengono sono l’oggetto continuo dei discorsi i più indecenti, delle calunnie le più atroci: io oso dire, che non vi sia un solo patriotto a Venezia che non abbia sofferto delle umiliazioni. Tutti hanno il diritto di scagliare invettive ai Francesi, nessuno può dire una parola in loro favore. Sembra che la calunnia diretta contro di loro sia virtù, e che la verità divenga un delitto. Il piccol numero d’amici, che noi abbiamo qui, ci fugge, si nasconde, e vuol farsi dimenticare: uno solo osava ancora frequentare la casa del ministro, l’inquisizione lo ha fatto esiliare da Venezia. Per non abusare dei vostri momenti, mio Generale, io non vi faccio che questo debole abbozzo del quadro ributtante che si è offerto sotto i miei occhi, al mio ritorno da Milano. Io mi sono affrettato di istruirne il governo. Quantunque ben persuaso che nulla è fuggito alla sollecitudine degli agenti diplomatici, di cui conosco lo zelo, ed il patriottismo, ho creduto adempire un dovere di cittadino, unendomi ad essi in una circostanza, in cui è sì essenziale che siate prevenuto delle manovre dei nostri nemici. Sono stato assicurato questi giorni scorsi, che il Senato aveva fatto un decreto di amnistia in favore dei sudditi Veneziani banditi dagli stati di Venezia, a condizione che si arruolassero nelle truppe della Repubblica. Prima d’informarvene, mio Generale, voleva esser più certo dei fatti, e conoscere i mezzi di cui si servono per fare eseguire in segreto un decreto di tal natura. Io ho saputo che si era ordinato a tutti i Potestà di farlo sapere alle famiglie dei banditi esistenti nei loro circondari respettivi, e lasciar loro la cura di richiamarli.

Ecco come il Governo copre sempre le sue operazioni con un velo che, se non e impenetrabile, lo mette almeno nel caso di negare i fatti, contro i quali potrebbero farsi delle doglianze.

Ailaud.