Pagina:Botta - Supplemento alla Storia d'Italia.djvu/82

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(giorno stesso)


XLIV - Al Direttorio esecutivo.


Il Re di Napoli alla testa di 24,000 uomini (e potrebbero non essere che quindici mila) si è avanzato sulle terre del Papa minacciando di portarsi su Roma, e di là venirsi a unire a Wurmser, o scendere a Livorno, per cacciarci di concerto con gl’inglesi da quella piazza. L’allarme era in Roma, e il Gabinetto Pontificio nella più grande costernazione. Ho scritto al cittadino Cacault di rassicurare la Corte di Roma, e significare a quella di Napoli, che se il Re delle Due Sicilie s’avanzasse sulle terre di Roma, io riguarderei l’armistizio come nullo, e che farei marciare una divisione della mia armata per coprir Roma. Il cittadino Cacault mi assicura, senz’esserne certo, che il Re di Napoli ha desistito dalla sua impresa, e ch’è ritornato personalmente a Napoli. Questa Corte è perfida e impecille. Io credo che, se Pignatelli non è per anco giunto a Parigi, convien sequestrare i due mila uomini di cavalleria, che abbiamo in deposito, arrestar tutte le mercanzie che sono a Livorno, fare un manifesto ben calzante, per far sentire la mala fede della Corte di Napoli (e principalmente di Acton) poichè dal momento che sarà minacciata, diverrà umile e sottomessa. Gl’Inglesi han fatto credere al Re di Napoli ch’egli era qualche cosa. Ho scritto ad Azzara a Roma, e gli ho detto, che se la Corte di Napoli, ad onta dell’armistizio, cerca ancora a mettersi sui ranghi, prendo l’impegno in faccia all’Europa di marciare contro i pretesi settantamila uomini con seimila granatieri, quattromila uomini di cavalleria, e cinquanta pezzi di cannone. La buona stagione s’avanza; di qui a 6 settimane spero che la più gran parte de’ nostri malati sarà guarita: e quando i soccorsi, che mi annunziate, saranno giunti, potrò ad un tempo far l’assedio di Mantova, e contener Napoli e gli Austriaci.

La Corte di Roma, in tempo de’ nostri disastri, non si e condotta meglio delle altre: essa aveva mandato un legato a Ferrara, che ho fatto arrestare, e che ritengo a