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metteva a questo prezzo la vita di Ferdinando figurava il signor Crispi.

Questo appello non tardò ad essere inteso.

A Napoli stesso, un soldato, di nome Agesilao Milano, tenta di eseguire l’ordine di morte. Diresse, se non erro, due colpi di baionetta al re. Questi se là cavò con la paura, e Milano fu arrestato, fu giudicato, condannato e giustiziato.

Ma cinque anni più tardi, nel 1861, quando Garibaldi entrò in Napoli, il suppliziato fu messo nel numero dei martiri della libertà. Si glorificò la sua memoria, un monumento gli fu innalzato, e il Tesoro italiano assegnò una pensione a sua madre e alle sue sorelle.

Ecco in quali termini la Gazzetta del Popolo di Torino, giornale devoto alla dinastia savoiarda, si esprime in proposito:


I fogli retrogradi parlano d’un regicida napoletano colla loro solita malafede, mentre non si tratta che di un soldato italiano che ha creduto combattere un capo di bande mercenarie svizzere... Il diritto dei Vespri Siciliani in grande, essendo ammesso dai conservatori stessi, non v’è più da discutere su questo diritto esercitato in piccolo.


È impossibile di esporre con maggiore chiarezza la giustificazione dell’omicidio politico.

Quando fu fondata l’unità italiana, che Vittorio Emanuele fu proclamato re d’Italia, Crispi ebbe l’occasione di manifestare dalla tribuna la sua opinione sul tentativo di Milano; ed ecco quali furono le sue parole: È un atto audace; nessun patriotta può rimproverarglielo.

Aggiungiamo infine che la futura vittima di Bresci, il fu re Umberto, allora principe reale, si associò agli omaggi resi dai patriotti italiani alla memoria di Agesilao Milano.

Fra i più entusiasti ammiratori dell’atto di Bre-