Pagina:Breviario spirituale, 1922.djvu/11

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- 13 aluieiio nella comlotta e neiro])inione individuale, una morale: mii vi sono concezioni e giudizi morali diversi secondo le diverse classi e le diverse condizioni e da parti opposte si lotta sovente con sincerità in nome d’un ideale morale che la parte avversaria si rifiuta di riconoscere.

Ciò che in ognuna di queste morali proprie d’una casta, d’una classe, d’un popolo si oppone ad una visione più larga e pili umana dei doveri dell’uomo è la mancanza di comprensione della vita e dell’interiorità delle altre condizioni umane, l’incapacità di gettare uno sguardo più complessivo e più libero sui molteplici rapporti della vita.

Perchè gli antichi potessero considerare con eseferazione, come noi facciamo, la schiavitù e perchè gli uomini dei secoli passati potessero condannare energicamente gli orrori delle persecuzioni religiose, essi avrebbero dovuto potersi spogliare d’una rete di preconcetti che l’educazione e l’ambiente avevano in essi quasi fissato in una seconda natura; e quante istituzioni sociali, che oggi lasciano noi indifferenti, saranno considerate con repugnanza e moralmente condannate nei secoli venturi da uomini che vedranno le cose da un punto di vista più universalmente umano! Anche sotto questo aspetto la ragione non si può confondere pertanto con la ragione particolare d’una condizione, d’una classe o d’un popolo: essa sembra piuttosto essere un processo di liberazione dall’angustia propria a ciascuna di esse e la perfezione sua si perde in una lontananza infinita come un ideale che non sarà mai raggiunto.

L’uomo aspira a liberarsi dalla servitù delle tendenze che sotto forma di istinti, di impulsi, di abitudini e di tradizioni r«*ggoiio tanta parte della vita umana: ma questa liberazione non può mai avvenire se non parzialmente nei limiti che l’ampiezza dell’esperienza particolare permette: il bene e la ragione sono come un faro di luce che ciascuno guarda soltanto da lontano attraver.so i preconcetti della sua condizione e del suo tempo