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Pagina:Buonarroti, Michelangelo – Rime, 1960 – BEIC 1775670.djvu/115

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(232) rime 109

prego se ne ripigli la natura
tutte quelle c’ognor ti vengon meno,
     e serbi a riformar del tuo sereno5
e divin volto una gentil figura
del ciel, e sia d’amor perpetua cura
rifarne un cor di grazia e pietà pieno.
     E serbi poi i mie sospiri ancora,
e le lacrime sparte insieme accoglia10
e doni a chi quella ami un’altra volta.
     Forse a pietà chi nascerà in quell’ora
la moverà co’ la mie propia doglia,
né fie persa la grazia c’or m’è tolta.


231

 
     Non è più tempo, Amor, che ’l cor m’infiammi,
né che beltà mortal più goda o tema:
giunta è già l’ora strema
che ’l tempo perso, a chi men n’ha, più duole.
Quante ’l tuo braccio dammi,5
morte i gran colpi scema,
e ’ sua accresce più che far non suole.
Gl’ingegni e le parole,
da te di foco a mio mal pro passati,
in acqua son conversi;10
e Die ’l voglia c’or versi
con essa insieme tutti e’ mie peccati.


232

 
     Non altrimenti contro a sé cammina
ch’i’ mi facci alla morte,
chi è da giusta corte
tirato là dove l’alma il cor lassa;