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126 | rime | (266) |
in donna alta e sincera
prestata fu sott’un candido velo,
c’a riscuoter da quanti5
al mondo son, mal si rimborsa il cielo.
Ora in un breve anelo,
anzi in un punto, Iddio
dal mondo poco accorto
se l’ha ripresa, e tolta agli occhi nostri.10
Né metter può in oblio,
benché ’l corpo sie morto,
i suo dolci, leggiadri e sacri inchiostri.
Crudel pietà, qui mostri,
se quanto a questa il ciel prestava a’ brutti,15
s’or per morte il rivuol, morremo or tutti.
266
Qual meraviglia è, se prossim’al foco
mi strussi e arsi, se or ch’egli è spento
di fuor, m’affligge e mi consuma drento,
e ’n cener mi riduce a poco a poco?
Vedea ardendo sì lucente il loco5
onde pendea il mio greve tormento,
che sol la vista mi facea contento,
e morte e strazi m’eran festa e gioco.
Ma po’ che del gran foco lo splendore
che m’ardeva e nutriva, il ciel m’invola,10
un carbon resto acceso e ricoperto.
E s’altre legne non mi porge amore
che lievin fiamma, una favilla sola
non fie di me, sì ’n cener mi converto.