Pagina:Buonarroti, Michelangelo – Rime, 1960 – BEIC 1775670.djvu/47

Da Wikisource.
(72) rime 41


71

 
  I’ l’ho, vostra mercè, per ricevuto
e hollo letto delle volte venti.
Tal pro vi facci alla natura i denti,
co’ ’l cibo al corpo quand’egli è pasciuto.
  I’ ho pur, poi ch’i’ vi lasciai, saputo5
che Cain fu de’ vostri anticedenti,
né voi da quel tralignate altrimenti;
ché, s’altri ha ben, vel pare aver perduto.
  Invidiosi, superbi, al ciel nimici,
la carità del prossimo v’è a noia,10
e sol del vostro danno siete amici.
  Se ben dice il Poeta di Pistoia,
istieti a mente, e basta; e se tu dici
ben di Fiorenza, tu mi dai la soia.
  Qual prezïosa gioia15
è certo, ma per te già non si intende,
perché poca virtù non la comprende.


72

 
  Se nel volto per gli occhi il cor si vede,
altro segno non ho più manifesto
della mie fiamma; addunche basti or questo,
signor mie caro, a domandar mercede.
  Forse lo spirto tuo, con maggior fede5
ch’i’ non credo, che sguarda il foco onesto
che m’arde, fie di me pietoso e presto,
come grazia c’abbonda a chi ben chiede.
  O felice quel dì, se questo è certo!
Fermisi in un momento il tempo e l’ore,10
il giorno e ’l sol nella su’ antica traccia;