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(88) rime 51

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Non è, com’alcun crede, morte il peggio
a chi l’ultimo dì trascende al primo,
per grazia, etterno appresso al divin seggio
  dove, Die grazia, ti prosumo e stimo
e spero di veder, se ’l freddo core65
mie ragion tragge dal terrestre limo.
  E se tra l’ padre e ’l figlio ottimo amore
cresce nel ciel, crescendo ogni virtute,

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  Vorrei voler, Signor, quel ch’io non voglio:
tra ’l foco e ’l cor di ghiaccia un vel s’asconde
che ’l foco ammorza, onde non corrisponde
la penna all’opre, e fa bugiardo ’l foglio.
  I’ t’amo con la lingua, e poi mi doglio5
c’amor non giunge al cor; né so ben onde
apra l’uscio alla grazia che s’infonde
nel cor, che scacci ogni spietato orgoglio.
  Squarcia ’l vel tu, Signor, rompi quel muro
che con la suo durezza ne ritarda10
il sol della tuo luce, al mondo spenta!
  Manda ’l preditto lume a noi venturo,
alla tuo bella sposa, acciò ch’io arda
il cor senz’alcun dubbio, e te sol senta.


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  Sento d’un foco un freddo aspetto acceso
che lontan m’arde e sé con seco agghiaccia;
pruovo una forza in due leggiadre braccia
che muove senza moto ogni altro peso.