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scorso. E una prova che Busto versasse in cattive condizioni l'abbiamo da una grida del 20 di febrajo del 1729 nella quale si proibisce agli artieri maschi e femine del borgo e delle terre adjacenti di trasferirsi in altri dominj con i loro arnesi atti a lavorare il cotone, obligando il podestà e i consoli del luogo a denunziare i contraventori. Malgrado però di tutti questi provvedimenti un tale stato di cose continuò per molti anni, come risulta anche da una memoria diretta all'Intendente generale di Milano, in cui è detto che dalla Pasqua del 1781 a quella del 1782 emigrarono dal borgo molti operaj e mercanti per trasportarsi nel vicino dominio Sardo, allettati da alcune operazioni daziarie colà eseguite, ed alle quali non poteva far fronte la tariffa del cotone e delle sue manifatture presso di noi più elevata.

Da principio il cotone filavasi a mano nel domicilio delle famiglie del contado, che ne ritraevano con che vestirsi e comperare i generi di prima necessità. In appresso sorsero ti stabilimenti della filatura della bambagia a machina, i quali se dà una parte contribuirono a ribassare sensibilmente i prezzi assegnati agli operaj che lo lavoravano nelle loro case; dall'altra servirono a moltiplicare le trasformazioni del cotone e ad estendere il commercio bustese non solo in Italia, ma pur altrove. Il che produsse anche un notabile aumento nella popolazione. L'antica fama de'frustagni di Busto viepiù si consolidò dopò che la ditta Andrea Ponti di Gallarate vi stabilì manifatture sostenute da grossi capitali. Soltanto in Busto e nei dintorni contavansi di recente sino 40 fabricatori di tessuti bambagini, che davano pane e lavoro a circa undici mila persone e un prodotto di sei milioni di lire. La ditta Turati Francesco che trae direttamente il cotone fin dall'America, e può