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che proibiva di accendere il fuoco ne’ giorni di vento gagliardo li incendii erano frequenti. Ma questi diminuirono notabilmente allorchè si fabricarono case con pietre e mattoni, e s’introdussero nelle città e borgate machine opportune a spegnere il fuoco.

L’origine di Busto, che al pari di molte città sorse in tempi da noi rimoti, è involta nelle tenebre delle favolose tradizioni. L’indagarne quindi i principii è un problema che spetta al vasto campo delle congetture. Sei secoli prima della nascita di Cristo, i Galli, varcate le Alpi sotto la condutta di Belloveso, e venuti a battaglia con li Etruschi popolo assai temuto e che in allora aveva il dominio della nostra penisola, riportarono sopra di questi una compiuta vittoria. Secondo Tito Livio, questo avvenimento ebbe luogo non molto lungi dal Ticino1. È fama che nel territorio di Busto il conduttiere dei Galli facesse ardere i corpi degli estinti guerrieri. Quivi, a poco a poco, sorsero alcune capanne, che, moltiplicatesi co’l crescere degli anni, formarono un aggregato di abitazioni, ruinate poi dai Galli Senoni. Allettati questi dall’idea di dominio e dalla natura del suolo, convertirono quel luogo in un ricetto di avventurieri, che per opporsi alle scorrerie di altre bande alpestri costrussero sette torri e le fornirono alla meglio di presidii. Caduto in potere dei Romani, i quali stabilirono nell’Insubria le proprie colonie, Busto fu da loro ristaurato ed ampliato, come quelli che non miravano

  1. Nelle vicinanze di Busto e precisamente alla Cascina delle Corde nella quale, come afferma d’aver udito un nostro archeologo vivente, esisteva un tempo una grangia di monaci, si ritrovarono, allorchè si costruiva la strada postale, molte urne cinerarie etrusche, di cui parte furono ritirate dall’ingegnere Giuseppe Brivio, e parte dal dottor Ercole Ferrario.