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Pagina:Cagna - Alpinisti ciabattoni.djvu/180

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Martina da un pezzo era andata più oltre nei sospetti, e già spasimava nella paura che quel montanaro volesse tirarli in qualche agguato.

Sor Gaudenzio, facendo uno sforzo di sorriso, ruppe l’angoscioso silenzio:

In somma, me par proprio che de chi, se va lontan de la nostra strada!

La guida si voltò per rassicurarli, ed i Gibella si barattarono uno sguardo rapido, atterrito. — Dio, che ceffo aveva colui! che occhio torvo... che aria di manigoldo! E poi, che cosa era quel bernoccolo che ponzava sotto la zimarra? un falcetto, o una pistola?... Ah più nessun dubbio, sotto quei cenci di fustagno c’era un malfattore armato fino ai denti!

Gaudenzio sudava ghiaccio. Martina si soffermò alquanto con un pretesto dietro un masso, e di fretta e furia si tolse gli orecchini, la catena e l’orologio, ed abboracciò tutto nelle calze.

Ah che batticuore! Dio santo. Pareva che li avesse rubati lei!

Procedevano silenziosi, riluttanti, guardinghi, con terrore di vittime impotenti a sottrarsi al loro destino.

Ogni movimento di quell’uomo confermava gli