Pagina:Cagna - Un bel sogno, Barbini, Milano, 1871.djvu/230

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«Se lo rammenti, io fui sventurato profeta del mio avvenire: l’amor tuo era cosa troppo grande per me, perchè potesse a lungo appartenermi. La felicità suprema, trae seco per legge di natura sui destini umani una sequela di sacrifizii, e quel po’ di bene che l’uomo incontra in vita, deve pagarlo a prezzo di dolore. — Il triste vaticinio si avverò, e dal momento che le più ridevoli speranze presero possesso nel mio cuore, venne a colpirmi il disinganno più amaro.

«Non a te Laura io volgo lamentanza; se alcuno si può cagionare della mia disgrazia, è questi il destino di cui tu fosti innocente esecutrice. — Non a te, povera fanciulla, tocca la taccia di avermi aperta una tomba; io soccombo al male che già rapì di vita il padre mio. — Può darsi che alcune circostanze mi abbiano tratto immaturamente a sì dolorosa catastrofe, può darsi che alcuni avvenimenti abbiano affrettato il termine della mia esistenza; ma di ciò non debbo incolpare che me stesso.

«D’altronde, credi tu Laura che tanto mi spaventi l’idea di morire?... Da lungo tempo mi sono rassegnato al duro passo, e mi ricordo che sino dalla prima giovinezza presentiva che la mia vita sarebbe stata breve. — Se è tale il mio destino, si compia; piego il capo ai voleri supremi; ma prima di lasciare questa terra, prima che il mio cuore abbia cessato di battere, voglio svelarti che se di qualche bene mi sorrise la vita, ne debbo a te gran parte, che le più belle speranze, le gioie più pure mi vennero da te. — Voglio dirti di quanto amore tu mi empiesti l’anima, e che nessuno più al mondo ti amerà quanto io ti ho amata.

«Il tuo affetto per me fece nascere nel mio cuore delle grandi cose, mi arrecò grandissimi conforti. — Or fa quasi un’anno che noi ci siamo incontrati per la prima volta, un’anno trascorso come sogno, e che