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del sospeso regime costituzionale. Dopo si dette all’esercizio della sua professione di avvocato, in cui non tardò ad aver fama di egregio, collaborando in ultimo a quella pubblicazione dell’Archivio Storico iniziata dai Ricasoli e dai Peruzzi e alla cui testa erano pure i Galeotti e i Bianchi.

Non ricorderemo quanto questo periodico contribuisse ad affrettare gli eventi che misero capo alla pacifica rivoluzione del 29 aprile 1859.

Costituitosi il governo provvisorio, il Cempini ebbe vari incarichi da esso; fece parte della consulta; fu quindi eletto a deputato e votò l’annessione al Piemonte.

Inviato poi a sedere nel Parlamento nazionale da un collegio della nativa Toscana, egli, sempre consentaneo a sè stesso, vi si è ognora palesato difensore di quelle moderate dottrine politiche e di governo che s’incarnavano nelle amministrazioni successive presiedute da Cavour, dai Ricasoli e dai Minghetti.

Il Cempini ha preso rare volte la parola, ma in quelle occasioni si è mostrato oratore diserto e infaticabile. Nelle materie legali, in cui è versatissimo, la sua opinione ha un peso che niuno può contrastargli.





Appartiene alla antichissima e nobilissima famiglia di questo nome, così popolare in Lombardia.

I sensi liberali e nazionali tanto del padre che di lui costrinsero entrambi ad abbandonare Milano dopo la restaurazione dell’odioso governo austriaco ed a refugiarsi a Torino, ove il padre non tardò ad essere inalzato alla dignità di senatore.

Il conte Guido, avendo fatti solidi studî, potè all’avvenimento al ministero dell’interno del deputato Min-