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consecutivamente cinque armate, ma egli era il capitano il più sublime che siasi mai dato; guerreggiava con un metodo suo tutto proprio, e che era ignoto in Europa. Ma allorquando egli volle debellare seriamente l’Austria, e non far calcolo che non fosse savio e previdente, operò di concerto le due spedizioni, in Germania e in Italia, marciando lungo le due basi del l’Alpi, e impedendo cosi, che all’armata Austriaca guerreggiante nella penisola venissero soccorsi dalla Germania, come a quella che militava in Germania, non pervenissero aiuti dall’armata d’Italia.

Ora Napoleone III, il quale, vogliasi o non vogliasi, è uomo di guerra quasi tanto quanto di politica, e che per di più ha studiato colla più grande attenzione e con sommo frutto, l’istoria dell’eccelso suo zio, non ignorava certo, a qual rischio esponesse la propria armata, avanzandola oltre il Mincio, quando non si fosse saputo, abbastanza guarentito, alle spalle e sui fianchi,

Bisogna riflettere ch’ei si trovava già molto discosto dalla sua base d’operazione, la quale, non era in verun modo in Italia, ma in Francia e che non poteva fare gran conto sulle forze ausiliarie italiane, attesochè in quel momento, l’Italia non possedeva che l’esercito piemontese, valoroso e disciplinatissimo, ma scarso assai di numero. E mentre i preparativi e le minaccie omai palesi della Prussia davano con tutte le ragioni a temere ch’essa fosse sul punto di valicare le Alpi con grossa oste e piombare sui fianchi dell’esercito alleato, era egli prudente dalla parte di Napoleone di continuare la guerra ed esporsi così a riperdere forse quanto si era fino a quel punto, e non senza gravi danni, acquistato?

Noi diciamo sinceramente che questo modo di ragionare ci sembra buono e sagace e ne diamo lode al conte di Castellana.

Dopo il 1860 questi venne eletto a deputato e disimpegnò gli obblighi suoi di rappresentante della nazione con molta oculatezza.

Per disgrazia egli non può, come la più parte dei suoi colleghi del Napoletano, venire così spesso a To-