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Rientrato allora in Parigi, vi pubblicò il suo libro: Sur les principes et les limites de la philosophie de l’histoire, nella cui prefazione accenna alla guerra suscitatagli contro dal clero, e sapendosi più che mai inviso al Villemain, volle tornare all’insegnamento a costui dispetto, col presentarsi di nuovo al concorso d’aggregato. Ma, benchè egli ottennesso nella solita splendida maniera questo posto, i suoi nemici gli negarono, com’era da prevedersi, una cattedra, col porlo in disponibilità.

Da quel momento fino al 1848, in cui dal Carnot venne solennemente reintegrato nell’università di Strasburgo, il Ferrari non ebbe più parte all’insegnamento, e nel 1849, vedendo gli avvenimenti politici prendere una piega non consentanea alle proprie aspirazioni, egli è da credere il nostro protagonista comprendesse essergli impossibile di continuare a dettar lezioni nel modo ch’ei l’intendeva, dappoichè pronunciò, in occasione del dibattimento sorto in seno dell’Assemblea nazionale, a proposito della spedizione di Roma, una allocuzione nella sua scuola, che doveva inevitabilmente tirargli addosso la destituzione.

Essendo stato effettivamente sospeso dalle proprie funzionasi restituì dapprima a Parigi, rimettendosi a scrivere sulla Revue des deux mondes; quindi nel 1850 tornato in Italia, vi pubblicò varî opuscoli, in nostro idioma, e dettò posteriormente i due volumi della Filosofia delle rivoluzioni, editi a Capolago, inquisiti a Casale, e a cagion dei quali l’editore Giovanni Cattaneo fu condannato a nove mesi di prigione.

Recatosi di bel nuovo a Parigi, vi dette alla luce un opuscolo sul colpo di stato del 1852, in cui giudicava quell’avvenimento politico favorevole alle sorti della nostra penisola; poscia incominciò a metter fuora i suoi quattro volumi editi dal Didier sulle Revolutions d’Italie, e affatto recentemente scrisse e stampò, a mezzo dei fratelli Levy, la sua Histoire de la raison d’Ètat, libri che non ci permetteremo di giudicare, ma di cui la stampa estera si è molto occupata in senso lusinghiero pel loro autore.

Il Ferrari non è neanche adesso uomo politico; egli