Pagina:Callimaco Anacreonte Saffo Teocrito Mosco Bione, Milano, Niccolò Bettoni, 1827.djvu/240

Da Wikisource.

     10Nume, o mortal, la lingua mi balbetta,
     Nè canta più qual pria. Ma quando, o Amore,
     O Licida è, ch’io lodi, allor discorre
     Pien d’alto brio dalle mie labbra il canto.


Idillio V

 
Se bei versi ho già fatto, anche que’ soli,
     Onde finor la Parca mi fe’ dono,
     M’acquisteranno onor; ma se graditi
     Non son, che valmi il faticar più innanzi?
     5Certo se il gran Tonante, o la sagace
     Parca concesso al viver nostro avesse
     Un doppio tempo, ond’altro in gaudio e festa,
     Altro in fatiche si compiesse, allora
     Goder potremmo il ben dopo gli stenti:
     10Ma se i divi permisero alla vita
     Degli uomini un sol tempo, e questo breve,
     E minor che ad ogn’altro, a che meschini
     In lavor ci logoriamo, od in fatiche?
     Fin quando applicheremo a lucri, ed arti
     15L’alma cupida ognor di miglior sorte?
     Ognun si scorda, che mortal è nato,
     E breve età dal fato in dono ottenne.
          *    *    *    *    *    *    *    *    *    *    *    *


Idillio VI

 
Beato è ben chi amando in amor trova
     Corrispondenza par. Tal già presente
     Piritoo fu Teseéo, bench’ei scendesse
     All’implacabil Pluto. E tal fu Oreste
     5Infra i ritrosi Asseni, allor che seco
     Compagno del cammin Pilade avea.
     Felice Achille fu mentre il buon socio
     Visse, e felice anco morendo poi
     Ch’ei fe’ dell’aspro suo morir vendetta.