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lettere 263

in quelli ragazzi che per ogni vico e pago e taverna escono a cercar lemosina, li quali poi subito ridono. Non han tempo né pònno pensar a male, perché l’allegrezza natural poco lo permette: son assai men maliziosi che l’italiani, ergo assai men di spagnoli; e però vittoriosi nella prestezza e chiarezza, e quelli nel tardare ed occultezze. Stanno sempre allegri. Tutta la nobiltá mi cerca etc.; ed io son vecchio e non buono a tanti favori. Scrissi a Vostra Signoria due volte, credo; altro non resta che scriver poi quel che occorrerá.

Resto al suo comando di tutto core, saluto senza fine il signor barone e signor Cassendo; e prego Dio per la sua salute. Scrissi a Roma il tutto.

 Parigi, 11 dicembre 1634.

Di V. S. illustrissima e reverendissima
servitore divotissimo ed obligatissimo
Tomaso Campanella.


All’illustrissimo e reverendissimo
     l’abbate Fabri monsieur de F’eresc,
          padrone mio osservandissimo.
 in Aix.

LXXV

Al cardinale nipote Antonio Barberini

Contro il Mostro

.

     Eminentissimo e reverendissimo
          signore e padrone colendissimo.

La devozion ed obligo immenso ch’io porto all’alta prudenza e generosa caritá di Nostro Signore nella salute mia e per conseguenza a’ suoi, mi spinge a scrivere a Vostra Eminenza quel che nissun ardirebbe di quei chi vanno a caccia