Pagina:Campanella, Tommaso – Lettere, 1927 – BEIC 1776819.djvu/309

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lettere 303

ch’io ne parlassi se non con riputazione grande. Di grazia Vostra Signoria illustrissima si levi questo scrupolo e mi tenga per vero suo servo egreggio filosofico e non cortigiano né vacantello; e mi scriva donde ha saputo questo, perché lo farò disdire in presenza di buoni. Questi ben veggiono quanto io stimo Vostra Signoria illustrissima e come ne parlo, e m’invidiano la sua grazia; né può esser omo bono chi questo scrive, e dubito di persona che dice e scrive mal di tutti, e del Galileo e di Telesio e di Copernico, di Stigliola. Sto aspettando il baullo ed omnia. Non so se Rossi le ha portato la mia, e s’ha avuto l’altre. Scrivo correndo. A dio.

 Parigi, 25 maggio 1635.

Di V. S. illustrissima e reverendissima
servitore obligatissiino e fidelissimo
Tomaso Campanella.


Fo riverenza al signor Cassendo, e la prego che li faccia parte di questa veritá: perché io piú stimo un monte d’oro com’è lui, che mille di pietra come sono questi ciarloni rapportatori. Scrivo in fretta ed in colera, e non ho voluto differire. Però scusi lo scrivere intricato.

All’illustrissimo e reverendissimo signor
     l’abbate Fabri, monsieur de Peresc,
          padron colendissimo.
 in Aix.