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lettere 327


XCIV

Al medesimo

Riparla della sua opera instancabile per la gloria della fede, e dell’utilitá de’ suoi libri che gli avversari non gli vogliono restituire con pregiudizio della religione.

          Illustrissimo e reverendissimo
               signore padrone osservandissimo,

Ho avuto alcuni articoli da certi ministri calviniani ridotti alla fede, e fan gran profitto; e mi dimandan aiuto e consiglio. Io li sto esaminando per agevolar a Vostra Signoria illustrissima la risoluzione delle dimande loro; e poi le manderò col mio parere. Credo far qualche bene. Li ministri non vònno venir a disputa con patto di farsi catolici sendo convinti, come scrissi a Vostra Signoria illustrissima che m’occorse in un congresso: e questo fu con grand’edificazione di catolici. Ho fatto che molti rinegano l’eresia, ma certe appendici li ritengono ch’a Vostra Signoria manderò. Di piú, vedo che credeno politicamente, e però fo ristampar il mio libro contra ateisti corretto. Item quel decreto eterno infrangibile da Dio e dagli uomini, secondo scrisse il Banes e l’Alvarez, esser de mente sancti Thomae, io ci lo levo di testa. E ’l conte di Brassach sempre predica ed è con me; e lo scrive a l’eminentissimo Barberino. La plebe crede con veritá né sol per politica; e ’l piú grand’intoppo è quello che nascimur iudicati non iudicandi etc., e l’imagini, e ’l calice negato a laici, e l’officio e messe in latino, dove li ministri dicon che bestemmiamo, e però non volemo che si intenda dal popolo. Io promisi ottener queste cose, se con questo prometten farsi catolici; tutto avvisarò per l’altro, e manderò il senso vero di san Tomaso attissimo a chiarirli.