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346 t. campanella

CI

Ad Urbano VIII

Avendo confutato un empio libello contrario alla fede ed all’unitá della chiesa quanto pernicioso alla politica del regno di Francia e di tutta la cristianitá, ne trae che sono necessari i suoi scritti la cui diffusione è ostacolata da implacabili persecutori; tocca dell’opera che con profitto svolge quotidianamente contro gli atei ed i calvinisti; supplica non gli si ritardi la solita grazia, perché le guerre rendono «scarse e ritrose» le pensioni regie.

Santissimo Padre,

Sempre mi cresce piú la voglia di servir a Vostra Beatitudine, e mi terrei felice finir questa poca vita in servizio di Vostra Beatitudine e di santa Chiesa. L’ho conosciuto questi giorni, quando un empio stampò una esortatoria al re che facesse come Salomone con Adonias ed Abiathar, cioè uccidesse il fratello dopo il perdono e privasse Vostra Beatitudine del papato facendo un antipapa. Io scrissi contra; ed a tutti parlai quanto questo era contrario alla fede catolica, all’unitá della chiesa e pernicioso alla politica del regno e di tutta cristianitá. Il nuncio si passò egreggiamente ed ottenne sia bruciato il libello per man di boia. Io potrei dir molte cose a Vostra Beatitudine; ma credo che Vostra Beatitudine penetra di lontano il tutto. Né accade che li mandi il mio scritto, perché la sostanza sta nel libro De monarchia Messiae, stampato in Iesi. Adesso si vede quanto era bisogno quel libro, e Vostra Beatitudine lascia che sotto finti zeli politici stia dai miei emoli occultato; e questi fecero ch’io non possa stampare i suoi poemi.

Io pur mandai a Vostra Beatitudine i libri che stampai, tanto necessari contra gli ateisti e calvinisti di qui, quanto può veder dall’epistola dedicatoria al re. E ’l frutto che fanno,