Pagina:Campanella, Tommaso – Lettere, 1927 – BEIC 1776819.djvu/393

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lettere 387

aspettare questo breve è raffredata qua ed [in] Inghilterra, li cui ambasciatori sono suoi discepoli; ed a me sarebbe un troncarme la mano nel servizio di santa Chiesa. Lascio star che sará universale scandalo in queste parti una risposta tanto cruda ed insolita alla chiesa romana, onde si vede che fu procurata da quelli chi persequitano me e lui. Sa Vostra Signoria illustrissima che Pietro Blasco di Catanzaro si fece turco, ebbe moglie e figli, e poi venuto in Roma li fu data licenza, a tempo di Clemente VIII, di vivere da prete seculare; ed era dominicano fugito in Turchia per aver ucciso maestro Pietro Ponzio. Ed a tempo di Urbano VIII, Vittorio senese, monaco di san Benedetto, fatto eretico e compagno dell’arcivescovo di Spalatro, fugito in Inghilterra, poi tornato in Roma, non fu astritto d’intrar in monasterio, ma vevette da prete. E nelle istorie e canoni sempre si legge quasi questa mutazione fatta per grazia di santa Chiesa condescendente a’ suoi fragili membri; ed ora che mi persequita, fará dire: «nunquid resina non est in Galaad? etc.». In sentire questo poverello grazia tale, si spaventava, e lui e quelli chi aspettano per venir alla fede.

Mi rallegro de le opere buone che fa il Piromalli mio discepolo, e ringrazio Vostra Signoria de li favori che li fa. Ma sappia Vostra Signoria che in Roma ci son persone, poste in dignitá, di tal invidia e rancore che piú presto desiderarebbeno ch’il Piromalli si facesse turco ed io con gli altri miei discepoli eretico, piú presto che sentire il bene che noi facciamo alla santa Chiesa; ma Domenedio ben presto giudicará di loro e noi restaremo come oro purgato nel fuoco in grazia di Dio e di santa Chiesa. Vedete quanta persecuzione moveno al mio Reminiscentur chi tratta la salute del mondo, approbato da tanti teologi, ed al Centone tomistico, unico rimedio per confonder gli eretici, ed alla Monarchia del Messia, suprema medicina contra le scisme. Le quali soprastanno magiormente al nostro tempo, e non vònno vederle per far torto a chi loro mostra la luce. Ma «et iam securis posita est ad radicem». Dio ci proveda dal cielo, poi che nella terra si sprovede; e