Pagina:Campanella, Tommaso – Poesie, 1915 – BEIC 1777758.djvu/89

Da Wikisource.

scelta di poesie filosofiche 83

Tutto è suo quanto sta fra cielo e terra,
ma nol conosce; e, se qualche persona
di ciò ravvisa, e’ l’uccide ed atterra.

Della bestialitá del popolaccio nissuno ha scritto con tanta veritá e con tanto artificio. E come, a chi gli dice suo bene e mostra il suo podere, e’ se gli volge contra, è proprio bestia varia e grossa.

«Cosa stupenda». Questo è fatto per chi vuol trattar con la moltitudine cose utili a quella. E tutta l’istoria di Moise mostra quanto quel popolaccio ebreo fu bestia in attraversarsi sempre contra i suoi liberatori.

34

Che la malizia in questa vita e nell’altra ancora
è danno, e che la bontà bea qua e là

Seco ogni colpa è doglia, e trae la pena
nella mente o nel corpo o nella fama:
se non repente, a farsi pian pian mena
la robba, il sangue, o l’amicizia, grama.
Se contra voglia seco ella non pena,
vera colpa non fu: e se ’l tormento ama,
ch’è amaro a Cecca e dolce a Madalena,
per far giustizia in sé, virtú si chiama.
La coscienza d’una bontá vera
basta a far l’uom beato; ed infelice
la finta ed ignorante, ancor ch’altèra.
Ciò Simon Piero al mago Simon dice,
quando volessim dir che l’alma péra,
ch’altre pur vite e sorti a sé predice.

Notabile sonetto per far conoscere che il male punisce l’uomo da sé subito e che, quando non è vero male, non porta pena contra il volere. E che la coscienza netta può bear l’uomo. E, quantunque l’alma fosse mortale, è piú beato chi vive bene e puramente che gli malfattori. Questa sentenza è di san Piero in san Clemente