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poesie postume 241


12

[Muro noioso]

Parve a me troppo, ma alla cortesia
di lei fu poco, in sogno consolarmi;
onde volle anco vigilando darmi
quel ben, che sopra gli altri si desia.
Sí che, mancando ogni consiglio e via,
io stando dentro agli ferrati marmi,
ella fuori, d’amor prendemmo l’armi.
Alta dolcezza entrambi ne assorbia.
— L’orto ameno — dissi io; ella: — La chiave
dammi, cor mio; — e tal gioia n’avvinse,
che ’l morir ci parea bello e soave.
Quando l’alme trasfuse risospinse
muro interposto, ah ben noioso e grave!
che amor soverchio in tutto non ci estinse.

13

Sonetto di sdegno

Donna, dissi talor che gli occhi vostri
eran del ciel due fiammegianti stelle:
dicolo ancor, ma di quell’empie e felle
ch’apportan peste, ira, serpenti e mostri.
E dissi ch’eran fiamme: or, con inchiostri,
che sian fiamme il redico, ma di quelle
che tormentan l’inique alme rubelle,
sulfuree e smorte, ne’ tartarei chiostri.
E dissi che il sembiante e che il crin era
di dea: or questo affermo, ma d’Averno,
di Tesifon, d’Aletto e di Megera.
Il vero allor conobbi, il vero or scerno;
vera fu allor mia voce, or anco è vera:
ché allor voi paradiso, or sete inferno.