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Pagina:Canestrini - Antropologia.djvu/84

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sono narrate colle più singolari perifrasi. Se noi misuriamo la distanza che passa fra l’uomo civile e gli animali in ordine al linguaggio, la troviamo di certo grandissima, ma è grande pure quella che separa un valente oratore da un selvaggio qualunque.

Nello studio antropologico dei popoli riesce utile tener conto dei caratteri offerti dal linguaggio, e quando vediamo due popoli concordare, oltre che nella fisica struttura, nel linguaggio, noi abbiamo la conferma della loro primitiva unità. A questo carattere peraltro non deve attribuirsi una importanza eccessiva, perchè sappiamo che nel corso dei secoli l’idioma si modifica e si trasforma, mentre invece l’organizzazione si cambia così lentamente che fu creduta immutabile.

Quando due razze vivono in un medesimo distretto e si mescolano insieme, il tipo fisico si altera in proporzione della intensità dell’incrocio; ma poi, nel corso delle generazioni, la razza incrociata suol ritornare ai caratteri della razza madre prevalente di numero. Non altrettanto avviene sempre delle due lingue, perchè può estinguersi quella della maggioranza e sopravvivere quella della minoranza. È quindi possibile che una razza perda il suo linguaggio, adottando quello di un’altra, e nondimeno rimanga inalterato il tipo fisico, come più volte è avvenuto nei tempi storici.

Quantunque la filologia non fornisca all’antropologo caratteri di prima importanza, tuttavia è utile nello studio storico delle razze. Si può perfino, colla scorta della filologia, tracciare, dopo molti secoli, le vie che un popolo ha percorso