Pagina:Canti (Leopardi-Moroncini) II.djvu/53

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Se tu devi poetando fingere un sogno, dove tu o altri veda un defonto amato, massime poco dopo la sua morte, fa che il sognante si sforzi di mostrargli il dolore che ha provato per la sua disgrazia. Così accade vegliando, che ci tormenta il desiderio di far conoscere all'oggetto amato il nostro dolore; la disperazione di non poterlo; e lo spasimo di non averglielo mostrato abbastanza in vita. Così accade sognando, che quell'oggetto ci par vivo bensì, ma come in uno stato violento; e noi lo consideriamo come sventuratissimo, degno dell'ultima compassione, e oppresso da una somma sventura, cioè la morte; ma noi non lo comprendiamo bene allora, perchè non sappiamo accordare la sui morte colla sua presenza. Ma gli parliamo piangendo, con dolore, e la sua vista e il suo colloquio c'intenerisce, e impietosisce, come di persona che soffra, e non sappiamo, se non confusamente, che cosa. (3 dicembre 1820)1



  1. Questa specie di preambolo relativo al «Sogno», al quale l'A. doveva annettere una certa importanza avendolo segnato perfino della data, fu da me trovato in una d. varie schede sciolte d. P. X sgg. (le quali furon poi allogate nel P. XI), e primamente pubblicato in Canti di G. L. a cura di F. M., già cit.