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XVIII


ALLA SUA DONNA


 
     Cara beltá, che amore
lunge m’inspiri o nascondendo il viso,
fuor se nel sonno il core
ombra diva mi scuoti,
5o ne’ campi ove splenda
piú vago il giorno e di natura il riso;
forse tu l’innocente
secol beasti che dall’oro ha nome,
or leve intra la gente
10anima voli? o te la sorte avara,
ch’a noi t’asconde, agli avvenir prepara?

     Viva mirarti omai
nulla speme m’avanza;
s’allor non fosse, allor che ignudo e solo
15per novo calle a peregrina stanza
verrá lo spirto mio. Giá sul novello
aprir di mia giornata incerta e bruna,
te viatrice in questo arido suolo
io mi pensai. Ma non è cosa in terra
20che ti somigli; e s’anco pari alcuna
ti fosse al volto, agli atti, alla favella,
saría, cosí conforme, assai men bella.