Però che in esso i fortunati albori245
Lucean del tuo divin carme immortale:
Del potente usignuolo eran le prime
Note, promessa di elegia sublime!
Nè più l’Amor nel boschereccio albergo
Di chiusa valle a meditar sedea,250
Nè sospettoso nel sanguigno usbergo
Del vagabondo venturier fremea.
Lunge ei le penne irrequïete e il tergo
Dai dolci colli Euganei volgea:
Avea de’ molli contemplanti il saio255
Deposto e il marzïal guanto d’acciaio.
Del fuggitivo Iddio su le diffuse
Chiome, per le turrite itale moli,
Indarno al priego de l’Esperie muse
Di Platone cadean gli ultimi soli.260
Per le corti il perduto e per le chiuse
Marmoree ville iva alternando i voli
Con occhio ardente dal piacer, con viso
Arguto, e sparso di maligno riso!
E su la fronda de le tue corone,265
Povero Tasso, iniquamente ei pose,
Invido quasi de la tua canzone,
Infausto premio di amaranti e rose!
Ahi, di quanto dolor fora cagione
Quel don malaugurato ei ti nascose!270
Nè tu il pensavi, o giovinetto ardito,
Pel vasto ciel de l’Epopea rapito!