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prefazione XXVII

bellezza quella del verso, come parmi sia il caso delle liriche: «La Vita»1, «Le nozze e la tomba»2, «L’Orfano e il cielo»3, «Il Cocchio»4, «La Pescatrice»5; in altre, il medesimo pregio è congiunto a gran gentilezza di affetti e di immagini, come si vede segnatamente nell’idillio «Le due madri»6. Migliori poi fra tutte mi sembrano quelle che cantano l’amore: un amore potente che al poeta faceva tremare le vene e i polsi e che derivava nuovi ardori e nuovi stimoli dalla vista di quei monti, di quei paesaggi e di quel mare stesso, onde solevano venirgli tante altre ispirazioni. Così nulla di convenzionale, nè d’imitato, ma tutto è verità nel sonetto: «Rivederla», e verità insieme e passione nella saffica: «Un’ora»7. Qui, dal

  1. Pag. 157: del 1856.
  2. Pag. 160: del 1857.
  3. Pag. 166: del 1852.
  4. Pag. 232: dalla Strenna Vulture, 1850.
  5. Pag. 283: dalla Strenna Mergellina, 1855.
  6. Pag. 57: del 1857.
  7. Questa poesia, (pag. 168) e l’altra Sorrento o Torquato Tasso, (pag. 177), dovevano far parte (dice il De Clemente) d’un poema intitolato il Golfo di Napoli, che il Sole aveva cominciato a scrivere negli ultimi cinque mesi di sua vita. Ci pare probabile, per il suo soggetto e per la natura dei sentimenti ond’è informata, che do-