Cor la sua nova carità gli mosse,
Qui ramingò lunghi anni, e qui, sublime
Per divino ardimento, i templi aperse245
De’ rinnovati studi. Un infinito
Popol di alunni lo seguia ne l’ampie
Scole di Metaponto; indomite alme,
A l’esiglio, a la fame, a le catene,
A la morte parate, anzi che vili250
Disdir la fede de la sua parola,
I suoi dommi tradir. Venian le donne,
Le gentili obblïando opre e le danze,
Severamente a meditar sui marmi
Del suo Liceo. Sofo immortal! Qual mente255
Corse dietro al tuo volo, e sì dappresso
Vide ne’ cieli? Qual fu mai, de’ nati
A le pugne del dubbio e del mistero,
Qual fu mai che felice un tanto sguardo
Gittar potesse ne l’età ventura?260
Ultimo raggio d’una età caduta,
Raggio primier d’una sorgente etade,
Di qui, sovrano, a federarle alzavi
La tua profonda universal parola.
Questo mare, quei monti, e questi cieli265
Erano il tempio e la fatal cortina,
Onde parlavi ad erudir le genti;
E mille età concelebrâr devote
Questi cieli, quei monti e questo mare.
Tu riflettevi l’universo, e nulla270
Stranier ti parve, o fondator del miro
Italogreco socïal Liceo!