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al mare jonio | 17 |
Ed atti al grave meditar profondo.
Indi il Lucano Ocello, e la secura
Fantasia di colui, che d’aurei strali,
Adulando feria gli omeri olenti
De la sua Roma tralignata, e tutti445
Del Bello i dommi in un concento accolse,
Ed incarnò ne l’opre; e, a le supreme
Regïoni del Genio aprendo il volo,
Mostrò che sola per quegl’ignei giri
Di Pindaro più l’ala ornai non era.450
Or l’angiol del passato erra solingo
Fra le tue querce, e parla ai nembi: siede
Sovra le ripe de’ tuoi fiumi, e muto
Novera l’onde mormoranti al mare.
Or come aquila offesa il vol raccoglie455
Sul Vulture fatale; e mentre il vento
Le negre effuse chiome agita intorno
A la fronte severa, i monti e l’acque
Ei riguarda pensoso; indi, librato
Su le penne sonanti, a larghe ruote460
D’Agri esplora e di Sinno i piani e i colli,
E con voce di tuono i forti evoca,
Che perîr su quei campi.
XIII
Armi e cavalli
E carri e picche e fere aquile di oro465
Colà recava la virtù latina.
E allor che in mezzo ai sanguinosi brandi