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rinnovamento dei prati vecchi. 447

cure; fuorchè se ai prati argillosi si potrà mescolare un poco di sabbia alla terra che vi si spande, in quelli sabbiosi converrà invece abbondare colla terra argillosa.

Lungo i fiumi per avere del limo o del fango onde ricoprire i prati ghiajosi, si può fare una buca in qualche parte alta dell’alveo, la quale per mezzo di un rigagnolo comunichi col filone dell’acqua. Così, allorchè il fiume cresce e s’intorbida, trasportando parti terrose leggiere, l’acqua passa pel rigagnolo e va nella buca, ove trovandosi stagnante, deposita quelle materie, che, dopo l’abbassamento delle acque, si trasportano sul prato.

Quando un prato sia soverchiamente deperito, che sia difficile l’accomodarne la livellazione, o che le erbe cattive che presero il posto delle buone siano troppe e difficili a distruggersi, e che per soprappiù la sua disposizione fosse poco conforme alle regole che vi ho date, allora conviene romperlo e metterlo ad altre coltivazioni, almeno per due o tre anni, perchè altrimenti non compenserebbe la spesa di riduzione. Le coltivazioni che si possono far succedere con maggior profitto sono: il lino invernengo, il melgone ed il pomo di terra nel primo anno, nel secondo si può ripetere il melgone, nel terzo si può coltivare a frumento, od a segale, i quali ultimi cereali, se si coltivassero nei primi due anni, verserebbero per abbondanza di foglie e darebbero uno scarsissimo raccolto di grani. Così quel terreno che non produceva come prato, può dare per tre anni consecutivi abbondanti raccolti senza concime. Nell’autunno, o nell’inverno del terzo anno, sino alla primavera del quarto, si fanno i lavori per la nuova riduzione a prato.

Se il prato è in terreno torboso, ma che però non sia paludoso, produrrà poca erba e cattiva. Per sanare questo prato, abbisogna abbruciare la cotica levandola dal prato a strato più grosso che si può, per togliere insieme anche una buona porzione di torba, e disporla a guisa di tanti fornelli. Tale operazione si farebbe in autunno, e si lascerebbero asciugare questi fornelli sino alla fine d’inverno od al principio di primavera, in una delle quali epoche, colto il momento che siano ben asciutti, si appicca loro il fuoco. In seguito si spande pel terreno la cenere, la terra ed i vegetali carbonizzati. Poi si ara una o due volte, e si dispone il prato con una pendenza piuttosto forte, ad ale non troppo larghe, praticandovi colatori molto profondi e che abbiano una pendenza tale da smaltire facilmente le colature.