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Nei primi mesi era stato un divertimento tutto quell’armeggio, ma ora la povera donna non aveva più tempo di occuparsi di niente.
— Primpellino, che cosa fai? Primpellino, dove vai? Primpellino, non toccare! Primpellino, non saltare! E spesso lo perdeva di vista. — Primpellino, dove sei?
Le rispondeva dalla stalla. Accorreva, e lo trovava tra le gambe della mucca.
— Primpellino, dove sei?
Le rispondeva dal pollaio. Accorreva, e lo trovava che faceva saltare per aria i gusci delle uova fresche che si era succhiato.
— Primpellino, dove sei?
E le rispondeva dall’alto di un fico, di un pesco, di un gelso moro, dove si era tutto impiastricciato faccia, mani e vestiti, da riconoscersi a stento.
— Ah, Primpellino, Primpellino! Tu sei la disperazione di babbo e mamma.
Anche di babbo, perché Primpellino, per giocare, si serviva di qualunque cosa gli venisse sotto mano: zappe, rastrelli,