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gogliva a ragione di quell’opera d’arte davanti a cui miss Anna si era fermata in ammirazione.

— Sono proprio io? Non mi avete trasfigurata? E domani.... Non posso pensarci!... Quest’opera immediata delle vostre mani andrà distrutta per cavarne il gesso! Che peccato!... E, dite, la riproduzione dovrà essere in marmo o in bronzo?

— In marmo finissimo.

— Conservare il lavoro in creta, coprirlo con un panno umido ogni giorno, quasi praticando un culto.... No, non è possibile: sarebbe un continuo pericolo.

Miss Flower era partita improvvisamente.

— Mi aveva detto di voler lasciarmi qualche migliaio di lire per le spese; e nella fretta se n’è dimenticata.

— Meglio, cara signora — rispose Ronchi alla Pinotti venuta ad ammirare il bellissimo gesso.

Nella sua dignità di creatore era contento di non veder mescolato a quell’ideale d’arte qualcosa di mercenario.

— Com’era orgogliosa dell’opera vostra! Una sera, da noi, disse tante e tante cose strambe.... da poetessa! Mio marito la guardava a bocca aperta. Disse: — In quel mio ritratto c’è infusa tutta l’anima dell’artista, e così intimamente che, talvolta, ho l’illusione, paurosa, di sentirla anche in me! —

Trascorsero mesi e mesi senza che miss Flower desse notizie di sè. A lettere, a telegrammi, nessuna risposta.

L’ansia che, intanto, turbava lo scultore aveva messo nei suoi occhi una luce da febbricitante, quasi da folle. Ma il giorno che la signora Pinotti gli con-