Pagina:Capuana - Giacinta.djvu/105

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sciando a mezzo un desinare che gli era parso più amaro del tossico...

— Ed era finita così! Quei due anni di felicità diventavano un sogno fallace... Ecco: aveva riaperto gli occhi; non ne restava più nulla!

Erano arrivati, uno dopo l’altro, Ernesto Porati, l’avvocato Ratti e il cavalier Mochi; poi il ricevitore Rossi coll’ingegnere Villa per la solita partita a scacchi. Andrea li aveva salutati con un cenno del capo, rimanendo in disparte, senza neppur badare alla conversazione: e la mano pelosa del Villa che, esitante, teneva sospeso sulla scacchiera l’alfiere bianco, gli faceva riflettere che anche lui era stato tenuto, per due anni, sospeso a quel modo, proprio come un pezzo da scacchiera, finchè la Giacinta non si era decisa a far la bella mossa... di sposare il conte Grippa!... Ed era finita!

— Volete star zitti? — brontolò il Villa.

Soltanto allora Gerace si accorse che quegli altri discorrevano appunto di lei e del suo matrimonio.

— Dev’essere una violenza della sua mamma! — sosteneva il Porati.

Mochi diceva di no, scrollando la testa, da persona ben informata:

— Eh, via! La Teresa non è una sciocca, sa fare i suoi conti...

— Infatti fa una contessa! — disse Ratti ridendo.

Il Ricevitore, con gli occhi fissi sulla scacchiera, calcava il naso nel barbone nero, dando ragione al Mochi. Ma il Porati insisteva:

— Certamente, la Marulli non era una sciocca; però...

— Volete saperla? È proprio la Giacinta, lei, che l’ha voluto. La Teresa n’è arrabbiatissima.