Questa pagina è stata trascritta, formattata e riletta. |
— 238 — |
— Non voleva che si sapesse?
— Oh, non è nulla — rispose dopo aver guardato l’orologio.
La partenza, una fuga, era stata risoluta la notte avanti, dopo una grossa vincita fatta lassù, nel mezzanino della Pantera.
— Con venti mila lire, era libero! Un colpo di fortuna aveva spezzato tutt’a un tratto l’ultimo anello della sua catena! Andar via di nascosto, senza lasciar traccia; perdersi a Milano, a Torino, a Napoli, in una grande città, vivervi di lavoro!... Egli non voleva far altro... Ma, era sicuro della propria volontà, se Giacinta avesse conosciuta l’intenzione di lui?
E partiva, come un colpevole che volesse sottrarsi alle ricerche della polizia.
— Non gli pareva vero!
Elvira, quasi risanata e più bella, era rimasta nel vano dell’uscio a guardare, mentr’egli dava un’occhiata attorno, sui mobili, prima di chiudere le valigie.
— Quando tornerà — ella disse — troverà sempre una stanza da noi, dovessi anche cederle la mia!...
— Chi non muor si rivede! — rispose Andrea, guardando nuovamente l’orologio. — Lei mi scorderà presto; è naturale. Per me lo scordarla non sarà tanto facile, mi creda... Il cocchiere è puntuale — s’interruppe con un gran respiro, non appena intese nella via il rumore della carrozza fermatasi al portone.
Elvira, preso in mano il lume, andò di là per far entrare il facchino che doveva portar giù le valigie.
— È partito? — domandò Giacinta, arrestandosi su la soglia.
E guardava sospettosamente Elvira che, diventata