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IV.

Per la signora Marulli fu un gran colpo.

Stette più di una settimana a divorarsi internamente con una improvvisa tenerezza materna che aveva l’amarezza d’un rimorso. Quando suo marito cercò di Beppe, gli rispose soltanto:

— L’ho mandato via; mangiava il pane a tradimento.

— Lo predicavo da un pezzo! — disse il signor Paolo, approvando.

In quei giorni la signora Marulli era stata tutta della sua bambina. Non l’aveva sgridata, non le aveva fatto neppur sospettare che le fosse accaduto qualcosa di male; e se l’era tenuta accosto, accarezzandola, secondandone i capricci, scendendo in giardino con lei quando voleva giocare a palla, o a saltar la corda, o lanciare il cerchio. Ma la bambina, non abituata alla presenza della mamma, stava con ritegno e, nel suo interno, rimpiangeva Beppe, quantunque fosse stato così cattivo con lei. La sua mamma infatti, per quanto si sforzasse di parer buona, affettuosa, condiscendente, aveva un’aria troppo severa. Il dispetto dell’accaduto le dava un che di duro nella voce e nei modi, come se quella figliolina ci avesse avuto colpa lei.

— Infine, non poteva tenersela attorno da mattina a sera!... Non ci mancava altro!

E così Giacinta, nell’autunno, fu messa in un istituto femminile.

— Avrei dovuto pensarci prima!

La signora Marulli non cessava di rimproverarselo.