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Portano in tavola, e Re, Ministri, dignitari arricciarono il naso. La carne puzzava come una carogna, il formaggio camminava da sé su pei piatti, tanto formicolava di vermi, la frutta ammorbava di fracidume.

— Come mai? — urlò il Re. — Venga qui quel birbante del cuoco. —

Il povero cuoco giurò e spergiurò che aveva comprato roba buona; ci aveva i testimonii. In cucina, le pietanze spandevano un odore da resuscitare anche un morto.

Re, ministri, dignitari dovettero acconciarsi con un po’ di pan duro, bagnato nell’acqua; altrimenti sarebbero morti di fame.

— Questo è un tiro di mastro Acconcia‐e—guasta! — disse uno dei Ministri. — Vo’ andare a vedere se è vero. —

Si travestì e via dal falegname, portando addosso una cassaccia vecchia, per pretesto.

— Acconciatemi questa cassa, mastro Acconcia‐e—guasta.

— Posatela lì. Andate a comprare i chiodi e la colla.

— Colla ce n’avete tanta!

— Quella serve per me.

— Che buon odore di vivande, mastro Acconcia‐e—guasta!