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al pari di quelli. E cominciò dai corni. Li prese per le punte con le due mani e ordinò:

— Perle e diamanti! Argento e oro!

Ma i corni versavano e gli stivali ricevevano. E appena gli stivali furono colmi fino al collo, parvero impazziti. Il Re non sapeva come ripararsi dai calci che gli assestavano alla schiena, di piatto e di punta. E ogni calcio, lasciava il segno!

Apre l’uscio e si mette a correre, urlando; lui avanti e gli stivali dietro, assestandogli calci alla schiena di piatto e di punta. E ogni calcio lasciava il segno!

Corri di qua, corri di là, non c’era verso di sfuggirli. Ministri, cortigiani, guardie tentavano invano di afferrarli; ne toccavano anche loro. All’ultimo, nel ruzzolare una scala, il Re inciampò e cadde bocconi quant’era lungo. Gli stivali gli si posarono addosso e stettero fermi; ma lo schiacciavano col loro peso.

— Chiamate il mugnaio! — urlava il Re.

Corse una guardia, a cavallo, per fare più presto.

— Non posso venire. La rota non va, la tramoggia è guastata. Se avessi qui le mie figliuole Rota e Tramoggia, verrei subito. —