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i due vecchietti 283

— Sono un boscaiolo; faccio carbone.

— Ho una noce: è la fortuna.

— Ne ho un’altra anch’io. —

Le schiacciarono e ne sgusciarono fuori tante monete d’oro, nuove di zecca.

— Questa è la mia dote.

— E questa è la mia. —

Si sposarono, e lavoravano da mattina a sera. Lei faceva legna e lui faceva carbone. Ma era una vita dura. Pure mettevano sempre qualcosa da parte.

— Ci servirà per quando saremo vecchi. —

Spesso si lamentavano:

— Che vitaccia! —

E contavano i quattrini già messi da parte. Erano molti, non però ancora abbastanza da potere passar bene la vecchiezza.

— Quando saremo vecchi, ci riposeremo.

— C’è ancora tempo, marito mio. —

Una notte udirono rumore attorno alla capanna, e voci cupe che dicevano:

— Tu qua; tu là; io dalla porta, tu dal tetto!

— Oh, Dio! Sono i ladri. —

Marito e moglie si sentirono gelare.

Uno scassinava la porta, uno sfondava il tetto:

— Non vi muovete o siete morti! Dove sono i quattrini? —