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112 I. L. CARAGIALE


Esso si volta all’istante e prosegue indietro. Fa qualche passo... e si ferma di nuovo annitrendo.

Apparisce di nuovo il capretto... Feci voltare il cavallo, gli diedi diversi colpi stringendo le briglie... camminò... Fa qualche passo ed ecco di nuovo il capretto!... Le nuvole si erano assottigliate: adesso si poteva vedere meglio. È un capretto nero: ora avanzava, ora tornava in dietro e tirava calci; poi si alzava sulle due zampe, si slanciava, con la barbetta sul petto e la fronte in avanti, per cozzare, faceva dei salti incredibili e quasi da pazzo. Saltai giù dal cavallo che si ostinava a star fermo, e l’afferrai per le briglie; mi chinai e chiamai il capretto porgendo la mano come se volessi dargli da mangiare. Il capretto si avvicinò saltellando di continuo. Il cavallo nitriva pazzamente, voleva staccarsi; mi fece cadere sulle ginocchia, ma lo tenevo bene. Il capretto si era avvicinato alla mia mano: era un capretto nero molto bello, che si lasciava prendere da me con fiducia. Lo misi nella sacca destra sugli abiti miei. Intanto il cavallo tremava ed era scosso come preso dalla febbre della morte.

Gli saltai addosso... Il cavallo si mise a correre pazzamente.